Scritto nel 2004
In attesa che Milano veda realizzarsi il suo mini-centralpark, su parte dell’area ora occupata dalla Fiera e con un’estensione pari ad un ventisettesimo dell’originale newyorkese, alcuni cittadini si sono dati da fare creando con le proprie mani delle vere e proprie oasi di verde-familiare a pochi passi dalla loro casa.
Sono così nati gli Orti di via Chiodi, e chi transitasse, nella tranquillità dei pomeriggi dei fine settimana, in questa via poco nota tra piazza Negrelli e via Faenza, vedrebbe, con stupore, intere famiglie spensieratamente affaccendate in piccoli lavori agricoli e di giardinaggio, oltre che nella preparazione di gioiosi barbecue.
Sono rappresentate tutte le età e tutte le relazioni familiari: dai nipotini fino ai nonni, passando per fratelli e sorelle con amici e fidanzati, genitori e zii. Non mancano tuttavia gruppi di studenti universitari e coppie di giovani in corso di “affiatamento”.
La novità che rende unica, a Milano, questa opportunità sociale, è che non si tratta della solita, un po’ triste, proposta comunale di “orti per anziani”, ma di un’iniziativa privata basata sulla fornitura di terra (e acqua di prima falda per irrigare), contro il rimborso di un prezzo di un euro al giorno, per ogni lotto grande poco più di un centesimo di pertica milanese. E’ interessante notare come l’assenza di limiti di reddito o dell’obbligo della condizione di pensionato (condizioni entrambe obbligatorie per l’assegnazione dei più economici orti comunali) abbia immediatamente determinato l’emersione di un’insoddisfatta voglia di vita all’aria aperta di intere famiglie, e quanto la loro ricerca non fosse indirizzata ad un ozioso “panchinaggio” nei, più o meno estesi, parchi cittadini, bensì ad un’operosa trasformazione di quello che era un semplice prato e che ora è tutto un brulicare di indaffarati contadini e giardinieri dilettanti. Anche le problematiche ambientali hanno trovato una risposta negli utenti, che hanno preferito scartare l’ipotesi di una recinzione provvisoria in rete metallica, a favore di una siepe, certamente meno protettiva, ma più gradevole ed ecocompatibile.
In questi giorni l’assessore allo Sviluppo del Territorio del Comune di Milano (Giovanni Verga) ha annunciato con grande enfasi che il Comune mette (metterà n.d.a.) a disposizione 1 milione e 700 mila mq di aree di sua proprietà per la realizzazione di 20 mila nuovi alloggi. Grande comune e grande assessore! Tanta generosità sarebbe encomiabile se le aree fossero di proprietà dell’assessore, ma essendo del comune, cioè pubbliche, non dovrebbe fare clamore la notizia che aree pubbliche verranno utilizzate per una funzione pubblica quale l’edilizia, appunto, residenziale pubblica (E.R.P.)!
Inoltre qualcuno dovrà spiegare all’Assessore che la previsione di destinare ad edilizia residenziale pubblica una certa quantità di superfici inedificate, di per sé non determina alcuna conseguenza edilizia, almeno fino a quando i soggetti finanziatori (tra i quali il Comune non risulterà, non avendo assunto, col proclama, alcun provvedimento di spesa) che l’Assessore indica nella Regione Lombardia, nell’Aler, nei privati e nelle imprese, non metteranno a disposizione, ciascuno, un bel mucchietto di euro. E riguardo a questa circostanza, qualche dubbio, in attesa di vedere le carte, ci spetta perché immaginiamo che alla fine un prezzo da pagare ci sarà.
Ma quello che, francamente, meno convince, è l’affermazione dell’Assessore secondo il quale l’operazione permetterebbe, tra l’altro, di bonificare aree altrimenti destinate all’abbandono. Quindi, secondo l’Assessore, il Comune di Milano sarebbe proprietario di aree “altrimenti destinate all’abbandono”. Non serve essere addetti ai lavori per sapere che l’uso di tutto il territorio comunale è regolato, per legge, dal Piano Regolatore Generale e che questo, per quanto un po’ datato (1980) non prevede, assolutamente e mai, aree destinate all’abbandono. Caso mai prevede che una certa quantità di aree, tra cui quella felicemente utilizzata dagli orti in via Chiodi, siano destinate a verde pubblico. E se il Comune di Milano, casualmente, si comprende tra i proprietari di aree destinate a verde pubblico o ad altri servizi pubblici, non pensi di essere stato autorizzato, né da uno, né, ancor meno, da cinquecentomila voti, a considerare tali aree destinate all’abbandono.
Che poi, dopo tutti i dibattiti sulle periferie e sul disagio sociale maturato nei quartieri dormitorio costruiti negli anni 70, pensare all’edilizia pubblica come riempitivo delle aree altrimenti destinate all’abbandono, sarebbe il colmo!