ORTI DI CITTA’, CITTA’ DI ORTI

Scritto da: il 07/05/2014 | Nessun commento

Gli orti urbani del terzo millennio vengono costantemente trattati come un fenomeno positivo, sia nella saggistica di ricerca che negli interventi della cronaca giornalistica, quest’ultima anche troppo indulgente. Ci si può quindi domandare quali siano gli ostacoli che, di fatto, ne impediscono una maggiore diffusione, e quali  interventi legislativi si debbano adottare per soddisfare la continua crescita della domanda da parte delle famiglie.
Già nella definizione di “orto urbano” si dichiara la necessità di disporre di superfici coltivabili “urbane” che comporta, nella fase di pianificazione urbanistica, una competizione con le altre funzioni di trasformazione del territorio originariamente destinato all’agricoltura. E’ velleitario pensare che i costi molto elevati sostenuti dalla comunità per dotarsi dei servizi tipici del territorio urbano consolidato possano convivere con un utilizzo dei terreni liberi riservato alle famiglie assegnatarie, e che la funzione degli “orti familiari” possa eventualmente sottrarre anche solo una modesta quota dalle aree dei parchi urbani che costituiscono uno standard collettivo. Gli unici casi ammissibili potrebbero essere quelli degli orti didattici per le scuole e degli orti condivisi.
Peraltro la pianificazione dei maggiori centri urbani è orientata verso la riduzione del consumo di territorio, la densificazione e il riuso di superfici risultanti da dismissione o cambio di funzione, determinando una sorta di linea Maginot che i costruttori non possono oltrepassare. Oltre questa linea quali funzioni (comunque antropizzate) possono essere favorite? Generalmente si propongono parchi, foreste e agricoltura, oltre alla rete dei trasporti da e verso la città.
E’ proprio in questa prima fascia di verde periurbano  che sarebbe agevole favorire la “costruzione di città di orti” come punti terminali di percorsi, pedonali e ciclabili, dalla città alla campagna. Per realizzare con risorse interamente private questa nuova funzione urbanistica occorrono solo tre semplici strumenti.
1 – Una modifica alla legge urbanistica regionale che definisca e regoli la pianificazione comunale (o degli Enti Parco dove sono competenti) finalizzata a consentire, nei limiti opportuni e con procedure trasparenti, questo nuovo uso del territorio.
2 – Una modifica alla legge regionale sulle attività agrituristiche che preveda l’allestimento e la gestione di orti familiari, definendo con precisione modalità e limiti. E’ necessaria per consentire agli agricoltori di essere fornitori privilegiati di questo servizio, rispettando la loro attività principale e per attestare la compatibilità con i contratti di locazione delle aree sulle quali operano.
3 – Un’agevolazione fiscale sulle plusvalenze eventualmente realizzate nella vendita di aree agricole (con superficie massima definita dalla norma) che siano esclusivamente effettuate a favore di cooperative a proprietà indivisa, costituite al solo scopo di assegnare ai propri soci l’utilizzo delle superfici ortive, secondo modalità e con opere edilizie di supporto conformi alla norma-quadro regionale.