Con il nuovo P.G.T. Milano sarà più verde? 5 domande all’assessore Masseroli
I temi dell’incremento delle volumetrie, della densificazione della città e di come questi sarebbero favoriti dal nuovo P.G.T., sono stati molto discussi. Non altrettanto è stato fatto per il verde pubblico, anche se tutti gli interventi, che non sono rivolti ai tecnici, ma al grande pubblico, del Sindaco Letizia Moratti hanno privilegiato quasi esclusivamente questo argomento, affermando la superiore qualità che avrà quella Milano che oggi viene descritta, non sempre a ragione, più grigia che verde. E non si tratta, evidentemente, di una questione di colori, dato che il nuovo verde pubblico non potrà che realizzarsi su aree già oggi verdi (in quanto coltivate), ma dell’obiettivo della proprietà e della fruibilità pubbliche delle aree agricole.
La procedura che l’Assessore Masseroli fornisce al suo Sindaco affinché, come una bacchetta magica, la usi per la moltiplicazione degli ettari di verde pubblico, viene chiamata “perequazione”. Volendo chiarire il termine, basta il significato letterale del verbo “perequare”, cioè “distribuire equamente”. Che cosa? Il verde? No, l’edificabilità dei terreni.
Infatti, secondo Masseroli, una volta stabilito su quali terreni saranno “appoggiati” i nuovi edifici, sarebbe sufficiente l’aver attribuito un “diritto commerciabile di edificabilità” ai terreni che, diversamente dai primi, il Comune intende destinare a verde pubblico o a strade, per far sì che i proprietari di questi decidano di venderli ai costruttori, ovvero di vendere i corrispondenti diritti, che in caso d’uso determineranno la cessione gratuita al Comune delle stesse superfici “.
Detto così non sembra neppure troppo complicato, ma qualche domanda all’Assessore potrà aiutarci, perché dalle sue risposte potremo meglio comprendere tutto il meccanismo.
1. In più occasioni Lei ha affermato che il sistema della “perequazione dell’edificabilità dei suoli” consentirà di evitare le procedure espropriative attualmente necessarie per la realizzazione di verde pubblico e di altre infrastrutture. Un esempio concreto lo propone proprio il Comune con il caso B sul sito. Tuttavia, prevedendo che il sistema della perequazione porterà sul mercato una grande quantità di “diritti volumetrici perequati” e che i relativi prezzi tenderanno al ribasso, le chiedo: come potranno essere eseguiti, nei tempi programmati, gli interventi dell’Amministrazione in tutti i casi in cui i proprietari delle aree “perequate”, ancorché sfiduciati da 30 anni di vincolo all’inedificabilità, non trovassero soddisfacente l’offerta degli operatori e mantenessero la proprietà delle aree, allo scopo di tramandarle ai propri eredi come gioielli di famiglia?
2. Tutte le volte che un costruttore, utilizzando la volumetria perequata, determinerà la cessione gratuita al Comune di un lotto, anche modesto, di terreno, l’Amministrazione vedrà incrementato il patrimonio demaniale, ma ciò avverrà indipendentemente dal programma di esecuzione delle opere pubbliche. E quindi: nel periodo, che potrebbe durare anche molti anni, tra l’acquisizione di tutte le aree necessarie (qualcuna con le problematiche di cui alla domanda 1) e la realizzazione dell’opera pubblica (progetto, gara, appalto, esecuzione, collaudo, consegna), il Comune sarà in grado di manutenere, conservare, vigilare l’area ormai acquisita?
3. Il mercato delle aree che acquisiranno la volumetria perequata (che appartengono alla grande famiglia delle aree non espropriate nel corso del precedente PRG) di fatto non è mai esistito perché quei terreni erano inutilizzabili e difficilmente rivendibili. Ma non appena le stesse aree conterranno un’ edificabilità potenziale, qualcuno potrebbe investire capitali rilevanti per il loro acquisto, anche senza utilizzarne il corrispondente diritto edificatorio, e quindi senza determinare la loro cessione gratuita al Comune. La domanda è: con quale strumento giuridico, nei limiti dell’art. 43 della Costituzione che tutela la proprietà privata in generale, pensa di poter evitare fenomeni di alterazione (mediante accaparramento) del mercato delle aree, che la “malavita finanziaria” potrebbe attuare?
4. Alcuni casi (A, B, E), presentati nel link sopracitato, indicano l’ipotesi della monetizzazione di aree per servizi. Si tratta dei casi nei quali un costruttore, dovendo, per legge, cedere al Comune una superficie per opere pubbliche connesse alla costruzione, ma non disponendone, ha la facoltà di versare una somma corrispondente al costo di esproprio che il Comune dovrà sopportare, per acquisire un’area di uguale superficie. In particolare il caso “A” indica il valore di monetizzazione previsto dalla specifica delibera del Consiglio Comunale. Se risalissimo al tempo in cui (1997) vennero approvati i criteri per la determinazione dei valori di monetizzazione (periodicamente aggiornati), scopriremmo che i Settori Urbanistica e Demanio-Patrimonio elaborarono un calcolo assai complesso, per determinare l’incidenza del costo dell’area in rapporto al mercato degli immobili. Ma, rileggendo le motivazioni urbanistiche e di estimo territoriale su cui era fondata la tabella, non si può che riconoscerne l’assoluta inadeguatezza per lo scopo odierno. In particolare si nota che l’indice di edificabilità territoriale (I.T.) posto alla base del calcolo venne attribuito all’intero territorio comunale (Territorio Urbano Consolidato + Parco Nord + Parco Sud + Verde Urbano + Infrastrutture per la Mobilità). Di conseguenza, i criteri di monetizzazione deliberati nel 1997 risentono di un indice enormemente superiore a quello che consentirà il nuovo P.G.T. Quindi dovranno essere formulate nuove tabelle, con valori di monetizzazione molto inferiori, pena l’illegittimità dell’intera procedura. Da cui la domanda: l’introito della monetizzazione non sarà utilizzato per rimborsare espropri (cfr. punto 1), ma solo per costruire servizi, il cui costo è in crescita, a fronte di corrispondenti entrate in calo, con quali conseguenze sull’attuabilità del piano dei servizi?
5. L’abbondanza di offerta di diritti volumetrici perequati, e la predisposizione di un “borsino degli scambi”(?), eventualmente inteso come semplice bacheca informatica, comprimeranno la rendita fondiaria. L’acquisizione di un’area mediante esproprio, per l’esecuzione di opere di pubblica utilità, prevede tuttora che, in questi casi, il proprietario venga indennizzato con una somma corrispondente al valore venale di quell’area. Domanda: una volta che fosse accertata una forte diminuzione dei valori di scambio delle aree destinate a verde e viabilità, non ritiene che la migliore garanzia per l’eseguibilità di queste infrastrutture possa essere l’esproprio?